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Revisione 24: Uno scrittore e i suoi demoni


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INTRO
Il 18 aprile del 1867, un’ansiosa coppia da poco convolata a nozze lasciava San Pietroburgo per un viaggio in Europa, dando inizio a quella che sarebbe stata certamente una romantica luna di miele, se solo non si fosse trattato di un allontanamento motivato da bisogni meno sentimentali. Lo sposo fuggiva infatti dai suoi creditori, e la sua innamorata, Anna Snitkina, lo avrebbe seguito fino all’inferno, se se ne fosse presentata la necessità. E in fondo era pressappoco l’inferno quello che l’attendeva, perché suo marito, il quale altri non era che il tormentato scrittore Fëdor Dostoevskij, era affetto da una grave forma di ludopatia.

La permanenza in Europa, che stando alle previsioni dello scrittore russo sarebbe durata non più di qualche mese, si protrasse fino al 1871, tra lunghi periodi di deprivazione materiale ed effimere riprese; profonde umiliazioni e fugaci scatti d’orgoglio; attimi d’intensa felicità e interminabili giornate di profonda costernazione; tutto in perfetta sintonia, nel bene ma soprattutto nel male, con gli esiti di quelle dannate puntate al tavolo verde della roulette.

A offrirci un ritratto del Dostoevskij di quegli anni è la stessa Anna Snitkina nei suoi quaderni, dai quali emerge un amore sconfinato e doloroso per una persona tanto affettuosa quanto oscura, con la quale, in uno dei periodi più bui della loro vita insieme, ebbe modo di visitare Dresda, Ginevra, ma anche Milano e soprattutto Firenze, dove al numero 22 di Piazza de’ Pitti una targa recita:

“In questi pressi fra il 1868 e il 1869 Fëdor Michajlovič Dostoevskij compì il romanzo L’idiota”.

Difatti fu proprio nell’affascinante Firenze, all’epoca capitale del Regno d’Italia, che Dostoevskij ultimò la stesura di quel capolavoro della letteratura mondiale che è L’idiota, per poi buttarsi a capofitto nel suo romanzo più cupo: I demoni; nel quale il personaggio di Stavrogin, incarnazione del male, ben rappresenta l’antitesi di quel principe Myškin, emblema del bene, protagonista del famoso romanzo ultimato nella città di Dante.

In un lungo articolo pubblicato su La Repubblica nel lontano marzo del 1996, e riproposto dal sito Note di Pastorale Giovanile, il critico letterario Pietro Citati parla proprio di quei preziosi quaderni e di quel romanzo che Dostoevskij ultimò a San Pietroburgo, dopo la lunga parentesi europea: I demoni.

Fëdor Dostoevskij e Anna, la seconda moglie ventenne, lasciarono Pietroburgo il 26 aprile 1867. Fuggivano i creditori, che minacciavano di gettare in carcere Dostoevskij; e la famiglia di lui, che non aveva tollerato il matrimonio, e voleva tutto per sé lo scrittore, i suoi libri e il suo danaro. Pensavano di restare qualche mese nell’odiosissima e amata Europa. Ritornarono soltanto dopo più di quattro anni, laceri, sfiniti, carichi come prima di debiti, con tre nuovi libri, l’ultimo dei quali incompiuto, una figlia, e un figlio che sarebbe nato sette giorni dopo il ritorno.

Su questo periodo, abbiamo due documenti principali. In primo luogo, le lettere di Dostoevskij: queste lettere tortuose, gonfie, interminabili, dove egli prima negava poi affermava, prima affermava poi negava, ritornava, aggiungeva, come un’onda che non poteva esaurirsi ma solo sfinirsi in sé stessa. L’altro documento sono i tre grossi quaderni – quasi seicento fitte pagine a stampa – che nel corso del 1867 la moglie scrisse con minuti caratteri di stenografa. Dostoevskij parlava, scriveva, taceva, si infuriava, ascoltava musica, girava per Dresda e Ginevra; e lei – infantile e ostinata – registrava ogni cosa sul suo quaderno. Temeva che lui non l’amasse o fosse incapace di amare: avrebbe voluto possederlo completamente, sapere il suo passato, entrare nella sua mente, conoscere i pensieri, capire quell’intollerabile mistero che egli portava in sé; e perciò annotava tutti i gesti e le parole, per paura che il mistero le sfuggisse. La mole di notizie; che essa raccolse, è immensa, meticolosa e commovente. Non ho mai letto un diario così pieno di amore e di adorazione: un diario che non insegue il segreto di chi scrive, ma il segreto di un altro.



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MOTIVO
Introduzione da sistemare con uno stile meno personale e più neutro, inserendo i riferimenti nei punti giusti e spiegando da dove vengono le informazioni.